Pikassò(Viviana Bonaventura)

Il rosso in contrasto col brunire della sera è in evidente rilievo nei quadri di Michele Principato, giovane interprete della natura e di quella forza irruente che in essa si scorge e sovrasta in innumerevoli espressioni.
I soggetti si collocano in uno stadio essenzialmente emotivo della sua visione della vita: Principato si ribella alla staticità delle cose.
… Insegue ciò che radicato nella vera sostanza dell’essere.
Gli arbusti sono sinonimo di fertilità, di fedeltà alle proprie certezze e di stupore nello scoprire che cosa, nel mondo attuale, possa essere inteso come innovazione d’arte.
Gioisce della spontaneità della natura acquisendo da essa frangenti di serenità introspettiva, riflessa in quell’io agente che rende Principato un artista brillante… che cavalca la fantasia per raggiungere il più alto senso del gusto e della creazione “sui generis”.
anno 2006

 

Giovanni Frazzica

Quando ho visto per la prima volta le opere di Michele Principato ho pensato subito a Jackson Pollock e a Marc Chagall. Giusto, sbagliato non importa, è stata la mia prima impressione e intendo conservarla, ed anche argomentarla, se mi viene richiesto. Ma poi ho guardato e riguardato le opere di Principato e ora non vedo più maestri ispiratori. Vedo un percorso artistico fondato su una passione autentica, un impegno tecnico che tende alla perfezione, un gusto moderno e sicuro nella scelta dei colori e delle tonalità che racchiude in se esperienze, storie e culture preziose. E poi le sue costruzioni: geometrie perfette scomposte con grande maestria e fantasia (arte) e riposizionate in armonia sulla tela. E sorprendono sempre per la loro forma e per la loro stessa logica che svelano solo ad uno sguardo attento e prolungato.
Michele Principato è un esempio di vitalità artistica che si sprigiona come forza tranquilla e inarrestabile puntando verso le quote più alte del firmamento della pittura contemporanea
anno 2006

 

 

Massimo Caminiti

L’artista si immerge nella tela quasi d’istinto per tradurre cromaticamente le sue idealità, molto semplici e ingenue, perché vuole contribuire a supportare quei valori universali su cui dovrebbe basarsi l’Umanità: pace – solidarietà – tolleranza – amore. I suoi dipinti con un astrattismo espressionista, vogliono suscitare emozioni e invitano ad una riflessione dell’umano vivere nelle società contemporanee globalizzate e multietniche: così egli acquista una dimensione cosmopolita di testimone degli avvenimenti storici e interprete esaltante del nostro tempo.
Le sue note cromatiche, contrastanti, ci guidano dentro un percorso percettivo che sconfina negli abissi dell’inconscio dove impulsi reconditi sfidano ragione ed emozione. Grafie, apparentemente disarticolate, registrano impronte della storia che si ripetono all’infinito con lacerazioni e scontri fino all’assurdo della perdita dei valori. Manca la figura umana, ma l’uomo è presente nel rifiuto e nella non accettazione di tutto ciò che genera violenza. La violenza della società è nel gesto che genera caos, irregolarità e discontinuità, quasi strappo nella penetrazione psicologica del colore.
Gli sfondi di cielo azzurro, infiniti e sconfinati, vengono attraversati da avvolgenti nuvole bianche interrotti qua e là ora da sperduti, solitari, ma evidenti segni rossi come macchie di piccoli brandelli di carne martoriata, ora da chiazze di ombre nere contaminanti uno status di serenità e di pace: prove del peccato e della colpa dell’agire umano malvagio e prepotente.
Nello sfondo rosso si incuneano e si intrecciano rami e tronchi per invadere, scardinare e sconvolgere, quella uniformità e compattezza del colore e mostrare come sia così contorta e contraddittoria la vita degli esseri.
La raffigurazione riprende aspetti e ritmi che sembrano cogliere l’istante di uno scorrere del tempo e, dunque, diventa documento nella narrazione dell’evento per fissare una testimonianza a supporto della memoria collettiva.
E’ una pittura altamente ispirata a valori ideali e poetici insieme in cui vengono rappresentate angosce dell’uomo, i drammi, le ansie e i tormenti, le paure, i suoi sdoppiamenti e la sua l’incoerenza, ma vi si notano pure le attese e le speranze che potranno far pervenire e raggiungere l’equilibrio e l’armonia per una sopravvivenza più “naturale” possibile.
anno 2006

 

 

Alfredo Pasolino

Principato è uno di quegli artisti che, collocandosi sempre e comunque alle “frontiere” di qualcosa di certo già nel titolo, sfugge alla comprensione e non lascia mai che le parole cessino di significare qualcosa di loro.
Il suo, in fondo è un itinerario senza meta, perché sua è la perenne determinazione, giammai appagata, di spingersi oltre la realizzazione, nel momento stesso in cui si compie. Dall’altra parte l’arte di Principato si conosce assimilandone della propria interiorità. Se si riesce avvertire il tumulto dell’anima di questo pittore, il passo verso la comprensione dei suoi “stati di grazia” diventa breve, e si compie con partecipato godimento.
Indipendentemente dalla grande carica espressiva che egli libera, è d’obbligo evidenziare la varietà dell’estro creativo con cui riesce ad imprimere, sull’immaginario, la fecondità della produzione pittorica. Le immagini nascono dalla memoria, si trasfigurano in visioni sulla pellicola interiore del subconscio, specchio riverberante le estreme interiorità umane.
Michele Principato realizza le sue opere al limite della surrealità comunicativa, l’essenza della vita. E per questo artista siculo, è il tentativo di catturare le emozioni ed i sogni, per poi agganciare le sensazioni, e “trasformarli” sulle tele, in quei cupi travolgenti vortici di astrattismo post-espressionista, dal forte e violento cromatismo. Per poi, allargare ad altre allusioni figurative di una selva, microcosmi di rappresentazioni vasali, di cui il colore, sopra a tutto, è la parola, il tessuto parenchimale costitutivo della sua arte, la metafora germinante quale elemento costante di tutte le opere. Dove sembra ricomporsi tutto il fluire caotico della materia, unica morfologica salda in mezzo a fluttuazioni informi di colore, di plasticismi, una sorta di richiamo ad atmosfere sospese tra surrealità e metafisiche visioni oniriche.
La sua pittura ha un fascino sorprendente. Egli ama il paesaggio introspettivo umano, fatto essenzialmente di colori, di timbri, e della notte-zen. E le archetipe suggestioni dei ricordi e delle memorie primitivistiche, le atmosfere coloriste tempestose, le suggestioni dei bagliori rossicci, i blu-notte ed azzurri del suo pensiero idealista, che animano, in piccoli agglomerati di una straordinaria carica di energia, invitante a partecipare al mistero della vita. E a dividere con l’artista le forti emozioni, mentre tutto è spento, tutto è fermo nel mistero della notte visionaria.
L’alone di indefinito, di mistero che toglie ogni funzione descrittiva, o ogni valore alle forme, non è che una semplice suggestione intensa e provocatoria. Un’atmosfera selenica silenziosa e indifferente, anima ogni scelta di un tema: pochi elementi, pochi colori, ma ricchi di gestualità. Michele riesce a trasfigurare colori e luci, così strani in apparenza, mai banali, allusivi di eventi soprannaturali, paesaggi di fantascienza o figurazione inconsce.
Senza dubbio l’artista è dotato di una grande e profonda sensibilità verso l’umanità, il mito, l’autointerrogazione, e verso la vita.
Dentro se stesso e sulla tela, fa rivivere la sua percezione della realtà. Egli sente profondamente, e la vive intensamente, gli è compartecipe della natura dell’universo interiore, con grande pathos, fino quasi a smarrirsi dentro, a dilatare e sfumare il senso delle cose nel simbolo della metafora.
Biograficamente interprete, con la sua interiorità, di fronte al mistero sconfinato dell’ermetismo della critico d’arte scoperta interiore, del cosmo individuale, delle dicotomie che evidenziano ogni identità duale, ed ogni molteplicità formale, con le loro componenti oggettive di incanti sempre nuovi.
E la necessità di ridurre tutto ciò a immagini di sintetismo autonomo, a un raccordo tra rigore e sintetismo formale che si fa evento di una metamorfosi interiorizza della dimensione spazio-temporale.
Così pensando, per Principato è come osservare il mondo, le sue differenti proposizioni, rimanendo appostato nel sogno, e sfiorare, per quanto è concesso alla dimensione umana, il senso dell’indefinito, allo svolgimento della vita. Come una specialista della vertigine, fino a rimanerne stordito.
Ecco rappresentazioni che denotano come i fondamenti della tradizione siano affinati con il lungo esercizio. Le immagini sono per lo più trascrizioni, nello spazio della suggestione, di visioni dove predomina l’elemento naturale, resoconti di momenti che si alternano a inquadrature che la mente ha metabolizzato in termini poetici. A intendere le cose in una affiorante levità iconica
anno 2007, titolo “suggestioni di spazio tempo tra sogni della realtà e realtà del sogno”

 

Michael Musone

Una pittura altamente suggestiva, che ricorre percorsi naturalistici di antica provenienza.

L’elaborazione moderna aggiunge un pizzico di veridicità attuale a questo artista fortemente impegnato nel concepire la natura nel suo modo personale. Lo si può definire pittore neoespressionista informale, concettualmente impegnato nel proporre sempre originali tele che prevedono talvolta anche l’uso di materiali di consumo, giornali stoffa ed altro così da comporre opere di grande interesse per cromatismo e matericità.

anno 2007, titolo “paesaggi metropolitani”

 

Francesco Pullara 

Michele Principato Trosso è una figura singolare ed anomala nel panorama artistico della pittura italiana di “ Nuova Generazione”.
Il suo percorso artistico, pur se ancora in itinere, dimostra già un notevole talento ed una grande propensione alla forma pittorica astratta che è di per sé una montagna difficile da scalare e da domare.
In questo giovane artista siciliano sono presenti i lineamenti classici di un astrattismo essenziale, non scolastico, scevro da influenze esterne che ne connotano la propria personale ricerca pittorica.
Da tutto ciò nasce un profilo artistico originale, la pittura astratta diventa, senza alcun dubbio, la selettiva sublimazione di una interiorità che, seppure embrionale, riesce ad esprimere una cromaticità a tutto tondo, una densità materica che denota grande conoscenza dei materiali, della loro composizione e destrutturazione.
Ecco quindi, nelle sue opere, tutte di grande formato, l’astrattismo informale come scienza esatta della specificità pittorica, un in formalismo voluto, cercato, creato, negli anfratti più nascosti della sua anima di artista a tutto tondo ancora da svezzare e da sgrezzare, ma dalla quale traspaiono con grande evidenza le caratteristiche tipiche di chi ha qualcosa da dire e non si incarta su se stesso, Principato ripensa, rielabora l’idea più profonda e creativa della corrente dell’informale.
Davanti ad un suo dipinto ci troviamo travolti da una intensa emozione, a suggestive visioni cromatiche, ricche di contrapposizioni, anche di contraddizioni, che rasentano ed a volte penetrano negli spazi più profondi creando un grande lirismo poetico concepito con mani sapienti. Queste suggestioni emotive, psicologiche, naturali, sono filtrate dalla capacità tecnica dell’artista, in valori integri, puri, di colore, materia che dentro lo spazio della tela divengono una sinfonia cromatica a tinte forti.
Michele Principato Trosso nella sua continua ricerca riesce ad esplorare qualsiasi spazio sospeso tra le rimembranze e la conoscenza, svelando realtà nascoste in ognuno di noi.
Un lungo racconto, ricco di emozioni interiori che ci invita a non dimenticare i veri valori dell’essere umano.
Poesia pura non di materia, poesia di colori sapientemente elaborati e manipolati. Si avverte, un animo libero, passionale, irrazionale, capace di coinvolgere l’osservatore in uno stato di esaltazione visiva e mentale che non conosce limite, immersi come siamo in cromie solide, appropriate, mai banali.
Esaltazione non casuale della pittura, dell’opera d’arte ecco dove aspira Michele Principato Trosso.
Un artista che andrà lontano perché è vivo e presente dentro di lui il senso della ricerca e dell’ambizione a raggiungere traguardi sempre più significativi.
Un messaggio nuovo che nasce dalla esperienza quotidiana, uno sguardo attento, pensoso su quello che accade oggi, un messaggio di concordia, di pace, un messaggio d’amore.
Michele Principato Trosso è un pittore che fa della contemporaneità il suo codice genetico artistico.
Un artista che riesce ad esprimere, con l’uso sapiente dei colori, dei materiali, che racchiude in sé la passione, la forza irrazionale, che ha bisogno di essere, a volte veicolata, incanalata con esperienza che, la sua giovane età sicuramente gli permetterà, andrà a maturazione nel corso degli anni a venire.
Quello che l’artista riesce a trasmettere all’osservatore esterno, alla visione della sue opere, non è fattore epidemico, superficiale, ma sensazioni forti, di grande impatto emotivo in grado di far riflettere, una forte personalità poetica ricca di passionalità che provoca emozione.
È chiaro che la speranza di tutti noi è che questo bagaglio artistico non venga disperso nel lungo periodo ma che si rafforzi sempre di più
È sempre riduttivo, a volte fuorviante, fare paragoni pittorici con i grandi contemporanei, ma nulla mi esime dall’affermare che oggi il suo grande punto di riferimento è sicuramente Giorgio Celiberti un grande della pittura italiana.
Da questo filone Michele Principato Trosso deve attingere per trovare nuova linfa e trovare una sua personalissima strada che lo possa caratterizzare come artista e come uomo.
I presupposti ci sono tutti.
anno 2008, titolo "la passione per la pittura"

 

Oscar García 

Michele Principato traduce sus ideales en el lienzo apoyando valores universales como la paz, la solidaridad, la tolerancia y el amor. Como testigo de los acontecimientos históricos, sus pinturas dentro del expresionismo abstracto desafían la razón y la emoción. En sus obras la figura humana ha desaparecido pero no su huella, cielos con manchas negras contaminantes, pequeños trozos de rojo signos de carne maltratada o ramas retorcidas y entrelazadas sobre fondo rojo. La elección de los colores y matices utilizados en sus obras encierran en sí mismo experiencias, historias y culturas. Michele realiza una pintura inspirada en valores e ideales poéticos, como un interprete de nuestro tiempo que nos habla con fuerza y vitalidad de la decepción por la realidad de la política hipócrita.
anno 2008, titolo “choque de situaciones”

 


Monica Lume

I rami che dipingeva prima sembravano scarniti, bruciati da qualche energia interna, tormentati da un male invisibile. I segni erano profondi, antiche ferite che non trovavano il loro balsamo. Il contrasto fra i grigi e il nero erano drammatici, e la luce che cadeva netta sui rami era impietosa, creava una spaccatura e un contrasto che pareva insanabile, inconciliabile. Il rosso del cielo governava su questa gestualità tragica, accogliendo e ampliando il dolore di quelle ferite. Uno scenario davvero toccante, per certi versi sconvolgente. Quei rami attorcigliati esprimevano davvero un dolore indicibile. Ma adesso è diverso. Vedo questi ultimi lavori e affermo che molto, da allora è cambiato. Quei contrasti si sono sanati, le ferite hanno trovato il loro lenimento. La luce è morbida e accarezza lieve la superficie ricomposta, compatta, di rami che s’intersecano creando una naturale armonia di forme, ingentiliti. I rami di Principato sono cambiati, oggi sono energie pacificate, che vanno incontro alla “Bellezza”, che non la temono, che ne sanno apprezzare e rispettare il ritmo espressivo, le sue metamorfosi, i suoi ripensamenti, senza mai turbare questo mistero che riposa alla sua sorgente. Il cielo di un rosso più delicato, è in sintonia con questo nuovo assetto delle energie. "La sua speranza iniziale, il suo moto interiore che lo portava, nonostante le contrarietà e gli ostacoli del mondo, a desiderare il bene e il bello, ha avuto la meglio sul disfacimento del male e sull'ineluttabilità della morte."
 anno 2008, titolo “forza della natura”

 

Valeria S. Lombardi

Solcare, perpetuare ed interiorizzare così sembra poter definire la struggente arte
pittorica di Michele Principato Trosso.
Un qualcosa di raggiunto, ma non appagato . Opere d'arte che trasudano, trasportano
lontani a primo acchito,ma poi sono come appesantite nel tratto, nel segno a volte istintivo.
Scelta interessante quella dei rami d'albero che si impennano, slanciano, attorcigliano
con quel costante sfondo rosso che sembra così rammentare una celebre opera
di Emil Nolde"Sole tropicale". Appropriati i titoli messi , scelti che ci permettono ancor più
di soffermarci su quello che l'artista ha voluto racchiudere, preservare ed allo stesso tempo
divulgare si vedano così:"Totem", "Archetipo".
Una maggiore impronta sembra essere anche costituita da quella serie di cieli antinaturalistici,
ma pieni di pathos, armonia e poi ancora conflitto e forse rappacificazione come ad esempio
"Genesi:Angeli e Demoni". L'arte di Michele Principato Trosso sembra anche portarci lontano verso un sintetismo giapponese quasi alla Hokusaidi continua ricerca, di spinte .Un'arte che ci fa bene all'anima portandoci così a varcare i reconditi, scarni confini. Davvero un'arte pittorica che rimane impressa se non nella carne, sicuramente nell'individuale coscienza.

anno 2008

 

Ana Artes Alvarez
Il colpo di scena è sempre al termine di una storia: solo allora, tutto mostra finalmente il vero significato. Segni alternativi, la conclusione di un itinerario, con la scaramantica consapevolezza che il bello viene alla fine. Che l’arte occupi un posto di rilievo nel dna culturale di Michele Principato Trosso, non è una novità. Così come non è una novità la sua grande attenzione in materia di carte stampate, e la grande capacità di dare vita ad eccezionali pregiatissimi fogli che diventano quasi opere uniche, visto l’interesse maniacale a volerle riprendere dopo l’ultimo passaggio al torchio. Esemplari stampati in poche copie, e pensati per un pubblico internazionale, con l’utilizzo di linguaggi verbali criptici, di non immediato accesso ai più.
Fogli pregiatissimi, dedicati alle storie quotidiane di persone e personaggi raccontate attraverso il segno inciso, con un approccio intimistico e diaristico tipico di una maniera tutta anglosassone e francese degli anni novanta, usando l’immagine come pretesto per parlare di politica, arte, musica, cinema, letteratura, eventi che hanno segnato la storia del nostro tempo.
Partire dall’arte per esplorare la contemporaneità in tutte le sue forme, come fosse un viaggiare con la fantasia. Un viaggio che regalo un pensiero costruttivo, e meglio ancora un saper fare.
Lo scambio gratuito e il dono, come insegna il sociologo della “DECRESCITA” Serge Latouche, sono fondamentali per la creazione di una sana rete di relazioni.
Michele Principato Trosso, incisore italiano, con una buona formazione accademica ed una serie di esperienze espositive in città come: Palermo, Taormina, Roma, Catania…. Ha fatto di questa esigenza la sua cifra stilistica.
Per comprende il suo modus operandi e fare tesoro della sua arte, bisogna sempre essere in equilibrio con l’ambiente circostante, che diventa una risorsa di riferimento.
Alla ricerca di un possibile significato, cercando di decifrarne la forma percorsa da più macchie di colore e solcate da una miriade aggrovigliata e brulicante di segni.
Ai corsi sperimentali di tecniche calcografiche tenute dal prof. Enzo Napoli, che incontro Michele Principato Trosso, e scopro come il suo lavoro assume una funzione che è una via di mezzo tra meditazione e divertimento in un’atmosfera sensazionale tra spazi e immagini poetiche e sorprendente. E, a sorpresa, segni rarefatti e sospesi nel candore, allineati nello spazio, pensati per sovrapporli su una lastra di zinco come fosse un foglio di carta.
Segni esili e delicati come di un tratto a matita si susseguono, disposti alternativamente e in modo casuale. E poi le carte, la delicatezza e la poesia del segno, in un spazio magico racchiusi all’interno della lastra, per poi ritrovarli dopo l’esecuzione della stampa impressi sulle pregiatissime carte. Ci restano negli occhi, nelle mente, come fossero suoni mossi dalle onde e dal vento nella luce intensa di un pomeriggio di maggio, dove la voce lenta e ritmata di Patty Smith accompagna le musiche di Oliver Ray per l’esposizione dei lavori di fine corso.
anno 2008, titolo  “sensualità del segno”

 

Annalisa Iraci Sareri

Certo che guardare dal vivo il groviglio dei colori sulla tela è tutta
un’altra cosa! Seguire con gli occhi ogni singola pennellata diventa
pressoché impossibile: le linee si flettono, si intrecciano tra di
loro, si confondono fino a perdersi le une nelle altre. Mi colpisce l’
imprevedibilità delle pennellate, che affermano e comunicano con forza
la vita, insegnando il mestiere di vivere a chi, per paura dell’ignoto,
pretende di fare dell’esistenza un libro di matematica dove i conti
tornano sempre. Io non me ne intendo molto di pittura. Di fronte ad una
tela sono come un comunissimo lettore che legge una poesia senza
conoscerne le figure retoriche. Questo però non gli impedisce di vivere
la poesia che legge, di lasciarsi afferrare da essa anima e corpo. Pur
non essendo un’addetta ai lavori riesco a sentire il palpito della
tela, a vivere la vita dei colori, a seguirne le trame nascoste.
Di fronte al quadro con gli alberi (Forest of the Nebrodis) non sono
riuscita a resistere alla tentazione di consegnare i battiti del mio
cuore ad una goccia di colore ferma in un punto della tela. Quella
goccia congela l’attimo, catturando l’eterno; rapisce l’anima, la
sparge tra le trame dei colori e infine la conduce oltre la tela, non
dove ci sono occhi che guardano quest’ultima, rumori di tutti i giorni,
odori comuni, ma lì dove si sente il rumore lento della natura che
crea, lì dove si respira la brezza del mattino che nasce. Quei tronchi,
nella loro solidità e concretezza, sembrano essere gli unici appigli
per occhi sperduti nell’ignoto che desiderano arrampicarsi nel cielo.
anno 2008

 

 

Monica Lume

(Pensavo al tuo cognome, Trosso, T-rosso e difatti il rosso è il tuo colore. Non un rosso qualsiasi, ma una gamma di rossi vivi, carne lacerata, ferite sanguinanti, rosso fuoco, ustioni, crogiuolo dove ribollono rossi alchemici, rosso denso, la forza dell'eros, la passione declinata in tutte le modulazioni e tonalità, il senso e la sensualità, l'istinto, rosso come presenza forte in ogni attimo della vita... )

 anno 2008

 

 

Andrea Baldocchi

Michele Principato Trosso struttura un metodo espressivo che sembra attraversato da un profondo interesse nei confronti di un mondo antico, quasi primitivo. Probabilmente l’artista siciliano sente che l’incertezza che permea la nostra società debba, in qualche modo, essere bilanciata con sogni e segni che hanno radici lontane, all’origine del cosmo. E perciò il suo linguaggio non vuole affatto sottostare a visioni contemporanee basate su regolo effimere e alla moda-piuttosto, egli modella forme esistenziali perdute e dialoga con colori che riscaldano i nostri cuori e che ribollono dal fondo della dei tempi come se, in effetti, stessero assestando la loro difficile convivenza con l’uomo d’oggi, insensibile e distratto.

Principato Trosso deforma alberi, crea coerenti stilizzazioni totemiche, fantastica all’interno di un laboratorio d’idee primordiali e diviene, abile cesellatore recuperando oggetti e sentimenti ormai desolatamente dimenticati. Interviene così pittoricamente componendo quadri ritmi di forme e tinte fedeli ad una immagine interiore squisitamente riservata e spirituale più che all’esattezza empirica dell’osservazione-e si conferma artista dalla cifra linguistica autonoma e sincera.

Anno 2009,  titolo “le idee primordiali di Michele Principato Trosso”

 

 

Claudia Bonandrini

Scorriamo lentamente i giorni passati, alla ricerca di un momento illeso da conflitti, inutilmente. La guerra che l’Occidente ripudia, nascondendosi dietro le insegne di una democrazia marcescente, diviene baldo destriero, da cavalcare in difesa dello status quo. Michele Principato si chiama fuori dalle logiche di una società che non approva e che non l’approva, spingendosi oltre ciò che lo attornia: la realtà in cui vive. Alza lo sguardo al cielo sgombro di umanità, riprende a respirare e in quel lascito della Natura trova la dimensione riflessiva, l’antica ispirazione e il congedo dalle logiche di una collettività incoerente ed illusa. La capanna e lo specchio: ciò che è “fuori” diviene luogo privilegiato di riflessione, solitario punto di partenza e culla dell’ispirazione artistica dell’autore. Principato riflette la rabbia, i tormenti che derivano dall’inconciliabilità del proprio sentire con il pensiero imperante, riversando la tragicità del conflitto nella visione eterea ed estraniante del cielo. L’azzurro sereno diviene rosso sangue, le nuvole si scostano lasciando passare le tracce della guerra, incarnati negli oggetti  inseriti nella volta narrativa del pittore. Il colore si fa materico e pastoso ancorando con la propria corposità un firmamento ormai greve e sconvolto.

Una particolare attenzione si rivolge alla ricerca cromatologica, attraverso uno studio del colore in un gioco di risonanze complementari attentamente disposte sia all’interno della tela che in rapporto ad altri elementi delle serie, in un prepotente richiamo cromatico. Il colore, per Principato non è solamente mero artificio tecnico, ma viene profondamente sentito dall’artista nella sua valenza simbolica: nel caso del rosso il richiamo alla violenza e al sangue sparso per le strane è innegabile, nonostante il profondo senso di speranza che s’intuisce pure dalla forte organicità dello stesso, distruzione e nascita, ventre squarciato e gravidanza.

La Guerra esiste, ci attornia invisibile e subdola, avviluppandoci in una rete di responsabilità che ci accoglie cullandoci, che ci nutre stingendoci, che ci lega strozzandoci. Eccola nei telegiornali, sulle foto in copertina delle riviste, eccola virtuale e assente, quanto reali e pesanti sono gli effetti…e le colpe.

Principato rappresenta tutto questo attraverso un flusso di coscienza della pittura, che astrae la Guerra dal luogo, rendendola universale e di tutti, nessuno può fuggire, a nessuno è concessa la grazia, ognuno vittima e carnefice allo stesso tempo, ognuno responsabile, ognuno colpevole.

anno 2009, titolo “outsider”

 

Pensando a "Nebrodi":
"Alberi contorti forse
cui le male parole
hanno indurito un legno
che voleva dare fiori
forse alberi come pietre
forse pietre che volevano
diventare alberi
ma ad un certo punto l'uomo
si è fermato su una
radice senza terra
e l'albero si è retratto come
una mano che non riesce
a trattenere l'acqua
ma l'acqua è nella pietra
e nell'albero rinsecchito
e quando l'acqua
non riesce a scorrere
diventa un gemito di dolore".
Alda Merini poetessa

 

 

Noemi Silvera

La potencia de una sola mano

De un solo hombre

Que entre el rojo sanguinoliento

Y el blanco puro titanio

Encontraba poco más

Que el negro de muerte y de silencio

Rodeada de árboles paseaba

Entre sus boscajes mágicos

Llenos de pasión

De troncos entrelazados

En la furia

De ramas retorcidas

De amor, de tragedia,

De dolor, de lucha y esperanza

La desolación de unos pocos

Que bailaban todavía

La danza del fuego

La felicidad de unos pocos

Que tienen el fuego en sus manos

Y se esconden en sus guaridas

La sangre indiana me corría

Mientras la savia muerta

De aquellos árboles

Me hablaba de historias auténticas

Y lejanas

Un lamento en los labios

Y la boca entreabierta

Pronunciar una sola palabra…

No podía 

Mirando cuadros, sonriendo a tientas

Atrapada en aquel bosque teñido de rojo

Pensando…

Perdida, extraviada y elegida

Pecadora entre aquellas históricas ramas retorcidas

anno 2009, titolo “Extraviada en los bosques teňidos de rojo”